L’Al Janoub Stadium ad Al Wakrah in Qatar, fra le ultime opere di Zaha Hadid, è già stato completato in vista dei mondiali di calcio del 2022.
L’avevano accusato di tutto. Anche di alludere sfacciatamente all’immaginario sessuale: una forma femminile che si contrapponeva ai sin troppo fallici grattacieli che sorgono come funghi negli Emirati Arabi. Nonostante tutte queste polemiche, finalmente lo stadio progettato da Zaha Hadid, forse l’ultima opera ad essere personalmente curata dal grande architetto anglo-iracheno scomparsa prematuramente nel marzo del 2016, è stato completato. È il primo di una decina di strutture sportive – alcune esistenti e semplicemente ampliate e rinnovate, altre costruite ex novo – che verranno completate nel Qatar per i mondiali di calcio del 2022.
Mondiali fortemente voluti dallo stato arabo che si affaccia sul Golfo Persico, noto per i suoi esperimenti urbanistici e per la sua capitale Doha sede di edifici avveniristici e di avanguardia, ispirati vagamente alla tradizione islamica, ma commissionati alle più importanti star dell’architettura internazionale.
Una volontà tanto decisa questa di ospitare i mondiali 2022 da rasentare il giallo di un film poliziesco quando nel 2014 il quotidiano The Sunday Times ha riportato in prima pagina un articolo secondo il quale l’evento sarebbe stato comprato anche corrompendo i giudici preposti alla scelta della sede con un esborso di diversi milioni di dollari.
Situato vicino a Doha, il nuovo stadio della Hadid se proprio qualcosa ricorda, piuttosto che immagini erotiche femminili, sono gli scafi delle vele delle imbarcazioni. Al di là di questa rassomiglianza, è una magnifica struttura curva che fluida si svolge nello spazio circostante e ci ricorda le opere della migliore tradizione barocca: morbide, sensuali, avvolgenti. Uno stadio davvero unico che si contrappone a decine di altre strutture per il calcio realizzate nel mondo, anche in tempi recenti, che invece sono più sgraziate e più tozze.
Troppo grande per ospitare le manifestazioni sportive di ogni giorno, lo stadio è stato pensato per perdere, una volta conclusi i mondiali, i posti in eccesso, riutilizzandoli per nuove infrastrutture sportive. Lo stesso avverrà con gli altri stadi. Si tratta, credo, di un tema molto interessante e che sta diventando attuale per tutte le opere destinate ai grandi eventi che non si vogliono abbattere – sarebbe uno spreco di denaro gigantesco – ma che, allo stesso tempo, sono dimensionate per un pubblico eccezionale legato a una circostanza unica.
Tra gli altri impianti destinati ai mondiali, altri due spiccano. Il primo è il Lusail Stadium progettato da Foster & Partners a circa nove miglia a nord di Doha. La struttura gigantesca, di circa 80mila posti, è caratterizzata dalle grandi superfici dorate che rammentano gli splendori della cultura araba e, insieme, la ricchezza e le capacità tecnologiche dell’oggi. “Il nuovo stadio” come ha dichiarato Hassan Al Thawadi, a capo al comitato organizzatore “ricorda il nostro passato, ma è il simbolo di un futuro eccitante”. E non sarebbe potuto essere altrimenti nel momento in cui il suo disegno è stato affidato a uno degli studi di progettazione, quale appunto Foster & Partners, che ha fatto della raffinatezza tecnologica il proprio cavallo di battaglia.
Il secondo stadio degno di nota è il Ras Abu Aboud realizzato montando insieme container metallici. A disegnarlo è stato lo studio spagnolo Fenwick Iribarren Architects. Il risultato in questo caso è ancora più radicale: l’intera struttura con 40mila posti a sedere può essere smantellata e spostata in una diversa localizzazione. Oppure può essere utilizzata per realizzare strutture più piccole. Siamo abbastanza navigati per sapere che la flessibilità sbandierata in fase di progetto non sempre corrisponde a quella effettiva. Basti pensare al problema immenso delle fondazioni che non si smontano certo con grande facilità. Comunque, a giudicare dalle immagini fornite da Fenwick Iribarren Architects, anche nel caso della permanenza della struttura, il risultato estetico non è affatto incompiuto o, peggio, sgradevole.
Le gare di calcio, per la prima volta nella storia dei mondiali, si svolgeranno nei mesi di novembre e dicembre per evitare il clima torrido dei mesi di giugno e luglio. Tutti gli stadi, comunque, godranno di impianti tecnici a energia solare che provvederanno a gestire il comfort ambientale. Ennesima prova di come anche l’hi-tech possa conciliarsi con l’ambiente.
Ph. © Hufton+Crow