Con il progetto Archizoom, l’architetto e illustratore Federico Babina si è avvicinato ad alcune opere architettoniche per ritrarne un particolare o meglio un dettaglio, come con lo zoom di una macchina fotografica.
Concentrare l’attenzione su una parte per raccontare il tutto. Schematizzare un’architettura attraverso una visione ristretta e ridotta che si trasforma in un poster cinematografico che presenta l’autore e la sua opera. Come in un primo piano cinematografico che permette di enfatizzare quello che è fuori–campo dall’inquadratura.
Queste immagini rappresentano 23 piccoli tasselli che costruiscono ciò che non si vede. L’idea è nata vedendo un’immagine degli occhi di un attore. Questa ripresa ravvicinata è a volte molto più potente di un volto o di un corpo intero. È in grado di raccontare emozioni intense e ci permette di riconoscere il protagonista.
Babina ha voluto fare lo stesso con alcune emblematiche opere architettoniche. Avvicinarsi con lo zoom dell’immaginazione per ritrarre solo alcune parti di un edificio che fossero però in grado di raccontare l’estetica dell’autore.
L’importanza del poster del film è quella di essere un elemento visivo chiave, che ci informa e che seduce attraverso vari codici, segni e simboli che riflettono i contenuti e gli aspetti fondamentali del film. In questo modo, l’intento di questi manifesti è quello di attirare l’attenzione e di servire da stimolo per poter vedere e godere dell’architettura. I manifesti non devono essere solo espliciti, ma suggestivi e insinuanti. Devono avere la capacità di trasmettere l’essenza attraverso una sola immagine statica che permetta alla fantasia di darne movimento e azione.
Federico Babina è già autore di una serie di poster tra cui: l’alfabeto architettonico Archibet City, i set di film famosi in Archiset, gli architetti i cui volti e le cui espressioni sono fatti dalle loro architetture in Archi_portrait e Archimusic, un mix perfetto tra musica e architettura.
(Foto apertura: Frank Lloyd Wright presents Guggenheim)


