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Con l’Imago Museum il palazzo razionalista si apre alla città

A Pescara un bell’esempio di architettura razionalista si trasforma in un polo artistico e culturale a servizio della città.

La sede dell’Imago Museum di Pescara sorge all’interno di un palazzo edificato nel 1933 per ospitare la Direzione Generale del Banco di Napoli. Posto all’intersezione delle due più importanti arterie stradali della città, si contraddistingue per la linearità di forme e volumi. Infatti, l’edificio rappresenta, a livello nazionale, uno dei migliori esempi di architettura razionalista dell’inizio del Novecento; un gioiello urbano ispirato a una corrente architettonica di ampiezza europea, che incarna magnificamente la volontà di realizzare un’arte costruttiva libera, utile e funzionale ai bisogni dell’uomo, attraverso l’osservanza della semplicità e della linearità dei volumi, della corrispondenza tra forma e funzione, l’utilizzo prevalente delle tecnologie e l’abolizione del decorativismo. 

La ristrutturazione del fabbricato, voluta fortemente dalla proprietaria Fondazione Pescarabruzzo, è stata un’importante occasione per restituire all’edificio quella dignità architettonica e urbanistica che indubbiamente merita, votandola alla reinterpretazione delle tendenze artistiche della contemporaneità.

L’Imago Museum è stato pensato, fin da subito, come luogo per iniziative culturali ed espositive di livello internazionale, da realizzare attraverso un progetto che potesse coinvolgere non solo l’ambito artistico ma anche quello socio-culturale, capace di contribuire allo sviluppo del territorio.

L’intervento finalizzato alla realizzazione degli spazi museali, in luogo dei dismessi uffici bancari, ha comportato una molteplicità di interventi edilizi di riqualificazione particolarmente impegnativi anche dal punto di vista economico. L’originaria costruzione è caratterizzata da una struttura portante mista comprendente sia l’intelaiatura a travi e pilastri in calcestruzzo armato, sia la muratura portante. Tali particolarità hanno imposto, soprattutto per il passaggio delle reti tecnologiche, lavorazioni specifiche e studiate ad arte allo scopo di preservare ampie superfici altrimenti sottratte agli spazi propriamente espositivi.

In alcuni casi, le soluzioni utilizzate per celare i passaggi tecnologici sono diventate esse stesse elementi di progettazione spaziale. È il caso del controsoffitto dogato in alluminio che nasconde la fitta rete di cavidotti ma, contestualmente, restituisce dignità volumetrica e proiezione prospettica ai vari ambienti espositivi.

Gli spazi dell’Imago Museum sono stati progettati prestando la massima attenzione all’interazione tra luce, spazio e opere d’arte, quali elementi fondamentali e rappresentativi del carattere del nuovo polo espositivo. Ogni scelta è stata effettuata pensando a questo grande contenitore di cultura come alla dimora delle Muse, le Dee protettrici delle stesse opere d’arte, una cattedrale pagana capace di accogliere tendenze rinnovate e contestualizzate all’attualità. 

La scelta dei materiali, in armonia con l’impostazione concettuale generale dell’intero progetto, è stata condizionata dalla volontà di rispettare e mai incidere sulle caratteristiche peculiari dell’edificio preesistente.

Così, per la colorazione del museo è stata preferita una soluzione monocromatica a base grigia, con il fine di ricreare un unico “cloud” tra la colorazione delle pareti e il pavimento in resina. La scelta della colorazione neutra ha garantito il rispetto dell’architettura preesistente esaltandone, attraverso la creazione di scenografie importanti, il carattere spaziale.

Il progetto architettonico di valorizzazione degli interni è stato sviluppato parallelamente a quello dei percorsi espositivi lungo i quali le opere d’arte, cullate dal tempo e dagli sguardi discreti del pubblico, possono raccontare ciascuna la propria storia coinvolgendo il visitatore, facendolo diventare attore e non più solo spettatore di un processo comunicativo.

L’illuminazione del museo è completamente a luce artificiale. In particolare, è stata prescelta una luce led con una colorazione neutra bianca di 4mila gradi Kelvin, capace di uniformare le luci utilizzate puntualmente sulle opere e i faretti impiegati, invece, per l’illuminazione degli ambienti. In tal modo, è stato possibile dare vita a una uniformità luminosa globale senza creare differenze cromatiche.

Nell’ambito di un’impostazione museale dal gusto moderno e, soprattutto, minimalista, si è scelto il pavimento in resina bianca non solo per un fattore puramente estetico. Infatti, il colore bianco e la tessitura superficiale del materiale impiegato hanno permesso di sfruttare al massimo l’illuminazione artificiale, creando un ambiente con una luce diffusa che riduce ombre e contrasti.

Luce, colore e materiali hanno garantito la piena realizzazione dell’impostazione progettuale originaria, finalizzata alla realizzazione di ambienti espositivi capaci di non distrarre il visitatore dalla visione delle opere. Si privilegia, al contrario, un percorso da vivere proprio e solo in funzione delle stesse.

In definitiva, la creazione di un ambiente di rilevanza nazionale e internazionale, progettato come un ambiente omogeneo privo di elementi disturbatori e, come sostiene il professore Giulio Carlo Argan, capace di creare una scenografia speciale per “un processo educativo di tipo formale ed estetico che, non più passivo ma basato sull’esperienza, è il solo che possa portare l’uomo, e il cittadino, a una matura consapevolezza del proprio agire nello spazio e nel tempo”.

Studio di progettazione: arch. Vincenzo Pomilio, Pescara (PE). Superfici Warm Collection di Kerakoll: i pavimenti delle sale del museo sono in Cementoresina WR02, abbinato al battiscopa Invisibile, sempre nello stesso colore. 

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