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High Line, la nuova New York

Una piacevole passeggiata, lunga un paio di chilometri, è oggi diventata oggetto simbolo di New York fra ecologia, arte e architettura

Provate ad andare su internet e digitate “High Line”. Troverete numerose voci che parlano di questo parco lineare e lo descrivono come “una delle attrazioni da non perdere a New York” una “icon in contemporary landscape architecture”. Non male per un progetto pensato nel 2000, i cui lavori sono iniziati nel 2006 e quindi ha poco più di dieci anni e che già nel 2014 vantava cinque milioni di presenze l’anno. Come accade per tante opere di successo, è stata realizzata per fasi, a seguito di una crescente domanda. La prima conclusa nel 2009, la seconda nel 2011, la terza nel 2014 e l’ultima nel 2018.

Sfatiamo, però, un equivoco generato dalle pubblicità dei media: non è un parco. Almeno, non come a noi suggerirebbe la parola. Si tratta, piuttosto, del recupero di una sezione in disuso della ferrovia, la West Side Line, che faceva parte della New York Central Railroad. Insomma: di un mostro metropolitano che attraversava brutalmente la zona del Meatpacking District, un’area di Manhattan in gran parte degradata.

Greenbuilding magazine, High Line, New York. Photo by Iwan Baan

È, quindi, un parco ma solo sui generis, stretto e lungo che attraversa in sopraelevata la città: e difatti in certi punti c’è solo spazio per il passaggio dei pedoni accanto a una stretta aiuola. Niente a che vedere con le ampie distese di Central Park o parchi similari.
Se vogliamo essere rigorosi, la High Line non è stato il primo parco lineare di successo. Già nel 1993 a Parigi era stato realizzato un percorso verde di circa cinque chilometri, la Promenade Plantée, a est dell’Opéra Bastille al Viaduc des Arts che arrivava sino al Boulevard Périphérique. Ma, sebbene conosciuto e apprezzato da molti cittadini, l’esempio parigino non ha avuto lo stesso successo della High Line che, invece, ha ispirato e continua a ispirare numerosi altri progetti, in tutto il mondo.

Disegnata da Diller e Scofidio, partner di uno degli studi più intelligenti, snob e ricercati della Grande Mela, la High Line è oggi una piacevole passeggiata, lunga un paio di chilometri. Perché il progetto ha avuto tanto successo?

Greenbuilding magazine, High Line, New York. Photo by Iwan Baan
La prima risposta è perché ha saputo interpretare un bisogno di spazi all’aperto, di verde urbano, di luoghi ove poter praticare attività: fare jogging, pranzare negli intervalli di lavoro, far passeggiare il cane, prendere, quando c’è, il sole o, semplicemente, perdere tempo. È poco utile, infatti, ostinarsi a disegnare per le città piazze pensate sul modello dell’agorà greca, dove i cittadini si riuniscono e decidono insieme i destini della polis. Gli spazi pubblici che servono oggi sono, invece, più semplici, cioè più informali, e allo stesso tempo più complessi e articolati perché sono adoperati da ciascuno secondo le proprie esigenze. Da questo punto di vista lo schema lineare sembra funzionare meglio dello spazio tradizionale, quadrato o rettangolare della piazza. La seconda risposta è per l’uso intelligente del legno e dei materiali poveri – anche le essenze verdi piantate sono semplici e non particolarmente complesse da gestire – che non mettono soggezione e invitano a un uso attivo delle strutture. La terza risposta è perché Diller e Scofidio sono riusciti a pensare la High Line come un’opera aperta alla quale si sarebbero agganciate altre attività urbane: bar, ristoranti, locali di intrattenimento. Generando interesse di pubblico, e quindi profitti, lungo la High Line sono infatti sorti cantieri con fenomeni di sostituzione e trasformazione di vecchi immobili. Il successo della struttura ha comportato anche fenomeni negativi di gentrificazione, cioè di eccessivo incremento dei valori immobiliari con espulsione degli abitanti più poveri e delle attività a più basso reddito.

Si pensi, però, che il nuovo museo Whitney disegnato da Renzo Piano e inaugurato nel 2015 è stato pensato con il suo principale affaccio a terrazze proprio sulla High Line, a sancire l’importanza di raccordo urbano di questa sopraelevata trasformata in una delle più piacevoli attrazioni newyorkesi. E che sulla strada esistono attività non tutte rigorosamente culturali, se è vero che produttori di porno hanno affittato appartamenti che vi affacciano per mettere in vetrina, sia pure ai piani alti, le loro principali attrazioni, generando più di qualche problema legato al comune senso del pudore. Anche questo credo è, sia pure in negativo, indice di successo.

Greenbuilding magazine, High Line, New York. Photo by Iwan Baan

 

Ph. © Iwan Baan

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