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L’economia verde è il punto di forza dell’Italia

È quanto afferma ermete realacci, autore del libro Green Italy. Perché ce la possiamo fare, e presidente della fondazione Symbola, nata per promuovere la vocazione italiana alla qualità, da sempre nel DNA delle nostre aziende.
di Stefania Piccioni

La difficoltà del periodo storico che stiamo vivendo è protagonista sulle prime pagine dei giornali. Il sottotitolo del suo recente libro Green Italy dice perché ce la possiamo fare. Cosa direbbe se dovesse argomentare in poche parole questa affermazione a chi non ha ancora letto il libro?
Nel nostro Paese, messo così a dura prova dalla crisi, pulsa un cuore verde, dinamico e vigoroso. Viaggiando per l’Italia da nord a sud, ci si rende conto che esiste già oggi una green Italy che attraversa e innova tutti i settori produttivi italiani – non solo quelli tradizionalmente ambientali – nella quale si incontrano la bellezza delle nostre città e l’High Tech, la banda larga con il saper fare artigianale, la sfida dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili, della chimica verde con la qualità della filiera agroalimentare legata al territorio e con un turismo che diviene anche uno strumento formidabile di marketing territoriale.
Secondo il rapporto GreenItaly 2012 di Fondazione Symbola e Unioncamere questa “rivoluzione verde” già interessa il 23,6% delle imprese che hanno investito in tecnologie e prodotti green, creando occupazione. Il 38,2% delle assunzioni è per figure professionali legate alla sostenibilità, e attraversa il Paese da nord a sud. La peculiarità della green economy italiana, infatti, sta proprio nella riconversione in chiave ecosostenibile dei comparti tradizionali dell’industria italiana di punta. E proprio le realtà che hanno scommesso su innovazione, ricerca, qualità, bellezza e green economy sono quelle che oggi meglio competono sui mercati globali. Sono queste storie le protagoniste di Green Italy. Perché ce la possiamo fare, edito da Chiarelettere.

Come immagina il prossimo futuro del nostro paese? Come vengono affrontate in Italia le istanze più urgenti per uno sviluppo sostenibile?
L’Italia ce la può fare se fa l’Italia. Se persegue con convinzione la riconversione ecologica dell’economia, dei consumi e degli stili di vita, scommettendo su una green economy tricolore che incrocia la vocazione italiana alla qualità e alla bellezza, i saperi e le vocazioni territoriali, i nostri talenti migliori e si lega alla forza del made in Italy. La green economy, infatti, è una chiave straordinaria per affrontare la crisi e le sfide che abbiamo davanti.
Già oggi esiste un Paese che accetta la sfida e la collega alla forza del made in Italy, alla qualità, ai territori, alla coesione sociale. È la parte di Paese che scommette su innovazione e sostenibilità, creando occupazione, e che dimostra una maggiore propensione all’export. È questa la parte del Paese dalla quale prendere esempio per ripartire.

è tra i fondatori della fondazione Symbola, che promuove il made in Italy. Quali le maggiori iniziative che state svolgendo attualmente?
Symbola è nata con l’ambizione di promuovere una riflessione culturale sulla vocazione italiana alla qualità come motore per affrontare le sfide alle quali è chiamato il Paese, e di creare un network di soggetti, imprese, associazioni, istituzioni per dare voce a questa parte d’Italia.
Così, ormai da diversi anni, la Fondazione realizza con Unioncamere e altri soggetti tre importanti ricerche: il rapporto GreenItaly, il rapporto sulle Industrie Culturali e il PIQ – Prodotto Interno Qualità. Il primo mette a fuoco quali e quante imprese italiane, regione per regione, investono nella green economy, analizzando il contributo che danno all’economia del Paese, sia in termini di fatturato che di occupazione. Il secondo dà una definizione moderna e ampia di cultura, pesando quanto le industrie che sposano la bellezza, i saperi, la ricerca e la creatività contribuiscono alla creazione di ricchezza e di occupazione. Il PIQ, infine, si propone come alternativa al PIL, per misurare il posizionamento e quindi le performance del Paese, o di un settore di attività, rispetto al parametro della qualità, come valore aggiunto e ingrediente indispensabile per assicurare non solo il benessere attuale, ma anche quello delle generazioni future.
Oltre a questo Symbola organizza anche altri appuntamenti e iniziative sul territorio, sempre nell’ottica di promuovere talenti e vocazioni che caratterizzano la nostra piccola e media impresa e il seminario estivo che ogni anno è un po’ il momento di riflessione per tutti i soci della Fondazione e di confronto con i vari ospiti che vengono chiamati al dibattito.

Secondo lei, come è evoluto nella nostra società il senso di responsabilità e la consapevolezza comune nei confronti dell’ecosostenibilità della vi-ta di stampo (diciamo…) occidentale?
La crisi rappresenta una formidabile occasione per cambiare il nostro modello di sviluppo e traghettarlo finalmente verso un’economia a basso tenore di carbonio, per passare dalla cultura dell’usa e getta alla cultura del riuso e del riciclo. Nelle persone è certamente più viva che in passato la percezione che il mondo è un ecosistema chiuso, delicato e interdipendente, che viviamo in un sistema finito di risorse e che quanto facciamo qui ed ora ha ripercussioni sia dall’altra parte del globo sia per le future generazioni. Non a caso negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita quasi esplosiva degli stili di vita responsabili.
Una percezione che senza dubbio è più avanzata nella società civile che non nella politica, purtroppo, e che rappresenta un terreno fertile anche per le imprese che intraprendono la via green. Basti pensare alle centinaia di migliaia di italiani che, sfruttando il credito di imposta del 55%, hanno realizzato nelle proprie abitazioni interventi di riqualificazione energetica, oppure alla sostenuta crescita dei consumi alimentari bio nonostante la crisi.


Biografia
Ermete Realacci nato a Sora (FR) il primo maggio 1955, vive a Roma. Ha promosso e presiede Symbola, la Fondazione per le qualità italiane, e ha guidato fin dai primi anni Legambiente, di cui è tuttora presidente onorario. Attualmente è deputato e membro della direzione del Partito Democratico e Responsabile Green economy del PD. Molte le battaglie che ha condotto in questi anni: dalla difesa dell’ambiente inteso come intreccio inimitabile di natura, cultura, coesione sociale, creatività e punto di forza delle risorse italiane più preziose – il paesaggio, i beni culturali, il turismo di qualità, il made in Italy – alla promozione delle produzioni agroalimentari di qualità e a KmZero e del commercio equo; dalle difesa dei piccoli comuni alle iniziative per liberare le città da inquinamento, traffico e abusivismo edilizio, fino alla lotta alle ecomafie e per scongiurare il ritorno del nucleare in Italia. Per dare voce e forza ai talenti italiani, come risorsa per il futuro del Paese, ha scritto insieme ad Antonio Cianciullo il libro Soft Economy (BUR, 2005) e Green Italy – Perché ce la possiamo fare (Chiarelettere, 2012).

 

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