È questo il titolo del convegno organizzato dallo Iefe Bocconi, Istituto di Economia e Politica dell’Energia e dell’Ambiente, in collaborazione con Green Budget Europe.
di Daniela Fabbri
Uscire dalla crisi economica investendo sulla Green Economy? Si può, secondo gli esperti riuniti al convegno promosso dall’Università Bocconi di Milano proprio sui temi dell’economia verde e dello sviluppo sostenibile, a un anno dalla Conferenza Onu di Rio sull’ambiente. O meglio si potrebbe, perché il dato emerso dal convegno è che in questo senso le politiche sono contraddittorie e sembra, non solo in Italia, che le affermazioni di principio sull’importanza dello sviluppo sostenibile non si traducano mai in politiche concrete. Anzi. Corrado Clini, ex ministro dell’Ambiente e in questa veste presente lo scorso anno a Rio de Janeiro, ha puntato il dito: “Per uscire dalla crisi stiamo puntando ancora su vecchi modelli e investendo sulla brown growth. Nel 2013 sono tornati per esempio ad aumentare gli investimenti per infrastrutture legate all’estrazione di combustibili fossili. Scelte che ci vincoleranno per i prossimi 30 o 40 anni. Eppure molti studi dimostrano come questa impostazione faccia perdere di competitività soprattutto all’Europa: la green economy è l’ambito dove più forte è l’innovazione, rimanerne fuori significa rimanere fuori dal mercato. Non a caso molti investimenti stanno già andando altrove”.
Il campanello d’allarme suonato da Clini è stato ripreso da Andrea Orlando, attuale ministro dell’Ambiente, che a sua volta ha sottolineato il rischio concreto che ci sia un’involuzione delle politiche europee in questo senso: “Sembra quasi che l’Europa –ha detto Orlando –, non essendo riuscita a imporre la propria leadership sulle politiche ambientali, abbia scelto una strategia rinunciataria, lasciando ai singoli paesi fare quello che possono. Al contrario servirebbe iniziare, soprattutto in Italia, a ragionare integrando le politiche ambientali a quelle economiche”. Un tentativo che sarà fatto nel 2014, durante il semestre italiano di presidenza Ue, durante il quale Orlando ha annunciato l’intenzione di convocare un vertice congiunto dei ministri dell’Ambiente e di quelli del Lavoro.
Il rischio di una retromarcia sulla green economy dunque esiste concretamente. Ma gli economisti riuniti a Milano hanno anche indicato una ricetta per invertire la rotta e far sì che lo sviluppo sostenibile non sia un freno ma al contrario un propulsore di crescita, il fattore in grado di fare uscire soprattutto l’Italia dalle secche della recessione: la riforma fiscale ecologica.
Il principio è semplice e immediato: chi inquina paga. Perché, come ha ricordato Edoardo Croci della Bocconi “Da qui al 2050 la crescita dei paesi in via di sviluppo metterà sotto pressione l’approvvigionamento delle materie prime e farà aumentare le emissioni di CO2 in modo non più sostenibile. L’unica via d’uscita è il cosiddetto disaccoppiamento: la crescita dell’economia e del benessere non può più essere collegata all’aumento nel consumo delle materie prime e delle emissioni. E come è stato più volte ricordato a Rio lo sviluppo sostenibile è l’unico in grado di garantire equità sociale”. Per questo la ricetta formulata dagli economisti è uno “scambio” della pressione fiscale: “Le tasse ambientali pesano poco sul Pil – ha ricordato ancora Croci – in media il 2%; molto più alta e impattante è al contrario la tassazione sul lavoro”. La soluzione potrebbe quindi essere quella ipotizzata da Aldo Ravazzi Douvan di Green Budget Europe: “Lo spostamento del carico fiscale da lavoro e impresa all’ambiente, a gettito invariato. Accompagnato da una revisione della politica dei sussidi, che elimini quelli che incentivano modelli di consumo e comportamenti dannosi per l’ambiente a favore di interventi che sostengono la riduzione del consumo delle fonti non rinnovabili”.
Questo tipo di tassazione secondo gli esperti innesterebbe un circuito virtuoso: “Lo insegna l’esperienza italiana – ha ricordato ancora Ravazzi Douvan. La lunga tradizione di forte tassazione sui carburanti ha fatto sì che l’Italia sia stato il Paese che più ha contribuito a trovare soluzioni per l’efficienza energetica”. La tassazione sulle attività inquinanti potrebbe quindi favorire la ricerca di soluzioni meno impattanti e quell’innovazione che è il solo elemento che può tenere a galla un sistema produttivo che, come il nostro, non può certo competere in termini di costi di produzione.
Un dato confermato da Ermete Realacci, che ogni anno con la sua fondazione Symbola stila un rapporto sul nuovo made in Italy: “Quasi un quarto delle imprese italiane ha investito in green economy, ed è quella parte di imprese sopravvissute alla crisi perché esportano e assumono”.
Insomma, la green economy potrebbe davvero aiutarci a uscire dalla crisi. Bisognerebbe però crederci davvero e adottare delle politiche efficaci in questo senso.
(Foto: EPA/ANTONIO LACERDA)
Osservatorio Iefe
Può la green economy diventare un fattore trainante per la ripresa economica? Misure di stimolo a questo settore possono giocare un ruolo che vada oltre la riduzione del consumo delle risorse non rinnovabili? Quanto possono impattare le varie filiere verdi sull’occupazione? Se il consenso è ormai pressoché unanime sul fatto che l’economia verde sarà la protagonista del futuro prossimo, ancora manca un modello complessivo di riferimento e strumenti di misurazione del fenomeno green economy, che permettano agli imprenditori di individuare meglio la direzione in cui muoversi e ai decision maker di operare le scelte economiche e politiche più corrette. Una carenza a cui tenterà di rispondere l’Osservatorio Green Economy che la Bocconi ha appena presentato. Con il coordinamento di Edoardo Croci e Fabio Iraldo l’Osservatorio si occuperà di promuovere indagini sugli impatti economici e ambientali delle varie filiere green (dal ciclo dei rifiuti alle energie rinnovabili, passando naturalmente dai temi legati all’edilizia), monitorare i tentativi di misurazione delle performance economico-ambientali dei sistemi produttivi, e non per ultimo suggerire proposte di misure per favorire lo sviluppo di questo settore e la sua capacità di favorire il rilancio dell’economia italiana.